Ri-pensare il medium: il fantasma del disegno
A cura di Saretto Cincinelli e Cristiana Collu
Inaugurazione sabato 17 ottobre Ore 17.30
Presentazione della mostra
Palazzo d’Arnolfo – Museo delle Terre Nuove
Intervengono: Cristiana Collu (Direttore Galleria nazionale d’arte moderna, Roma), Saretto Cincinelli (curatore indipendente), Stefano Pezzato (Responsabile dell’area artistica del Centro per l’arte contemporanea L. Pecci, Prato)
Ore 18.30 opening
Casa Masaccio/centro per l’arte contemporanea
Come indica il titolo – che richiama un fortunato saggio di Rosalind Krauss – Ripensare il medium: il fantasma del disegno, non si propone come una tradizionale mostra sul disegno ma su ciò che abbiamo definito il suo fantasma. L’esposizione concentra infatti la riflessione su un’idea di disegno, in ‘campo allargato’ (expanded field) e prende le mosse da alcune opere giocate su una sorta di in-stallazione (messa in scena e in stallo) del segno, come Re/trato di Oscar Muñoz, un video in cui una mano tenta di tracciare i tratti di un volto, ma il medium utilizzato e il supporto rendono il compito impossibile a causa della continua evaporazione della figura. Una dialettica tra presenza e assenza informa anche, sia pur secondo diverse modalità, Other Faces di William Kentridge, un’opera basata sui Drawing for Projection dell’artista che, realizzati tramite cancellazioni e modificazioni successive, una volta trasferiti in pellicola, danno vita ad un’animazione ‘aperta’ che invece di occultare il proprio processo produttivo lo incorpora, restituendo -sotto forma di tracce e stratificazioni- tutte le fasi di cancellazione e variazione del disegno necessarie alla realizzazione del film. Ancora più spostate sul terreno della performance si collocano le opere video di Robin Rhode, un’artista che ha condotto un coerente lavoro di amplificazione dello spazio concettuale e fisico del disegno, aprendo il medium a una continua tensione che conduce dalla bidimensionalità verso la tridimensionalità, dalla fissità verso il moto, o Recording the light di Sophie Whettnall in cui l’artista tenta inutilmente di circoscrivere, tramite del nastro adesivo, l’ombra portata della finestra del proprio studio, operazione che si rivela immediatamente infinita poiché non appena l’azione giunge al termine, l’ombra si è già spostata, inducendo l’artista a reiterare il proprio gesto, sino a che il pavimento e le pareti dello studio finiscono per essere saturate da una debordante griglia grafica di nastro adesivo. Saranno inoltre proposte alcune opere storiche di Ketty La Rocca che, partendo da una dimensione fotografica, finiscono per retrocedere ad una dimensione segnica, sempre più evanescente.
L’esposizione pone dunque l’accento su un disegno che evapora o che si afferma per cancellazione, ritardo, variazione continua o modulazione, una prospettiva tesa a condurre in primo piano il processo generativo del disegno ancor più e ancor prima del suo stesso risultato. A queste opere emblematiche e paradigmatiche ne succedono altre, in cui il disegno, grazie al ricorso alla traccia, all’impronta, alla fotografia o a processi di ripetizione, combustione, stratificazione, cancellazione retrocede à rebours verso la propria origine (Sol Lewitt, Emanuele Becheri, Massimo Barzagli, Paolo Meoni, Marius Engh, Ignacio Uriarte, Franco Menicagli, Rolando Deval, Chiara Camoni, Luca Bertolo, Massimiliano Turco) ed altre infine che, muovendo in direzione di una progressiva materializzazione del segno (dal ricamo all’installazione, alla performance, alla scultura) sottolineano una sua trasmigrazione dalla carta allo spazio (Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Massimo Bartolini, Daniela De Lorenzo, Andrea Santarlasci, Francesco Carone, Giulia Cenci, Connie Dekker, Chiara Bettazzi-Emma Grosbois, Jaume Plensa, Davide Rivalta). Orientamenti diversi ma non contraddittori: il venire avanti del supporto, l’esplicita materializzazione del segno o il suo ritrarsi verso il bianco, la cancellazione, il graffio o la semplice piega, risultano opposti solo in apparenza, in queste opere, infatti, il supporto non è interrogato per la sua ricchezza di materiale ma in quanto tale, allo stesso modo che il tratto. Entrambi sono indagati o posti in questione, all’interno di una ricerca che tende a ri-pensare il medium seguendo l’ipotesi che il supporto non sia dato prima ma sorga in uno assieme al disegno che lo genera o di ripensare il tracciarsi del tratto assieme al suo ritrarsi, alla sua cancellazione. Qui, il segno -figurativo o meno- non si propone di imitare (Ciò che fa avvenire – sottolinea Derrida – non può essere in sé mimetico) ma di introdurre un certo squilibrio nell’indifferenza di un foglio bianco o di una spazialità preliminare.
Rendere visibile è una caratteristica precipua del disegno (inteso, storicamente, come la via più breve per fermare o comunicare visivamente un’idea) ma, paradossalmente, è proprio questa dimensione vicaria e preparatoria del progetto a risultare fortemente ridimensionata nell’esposizione: qui il disegno, quando c’è, non sta al posto di nient’altro che se stesso, le opere proposte evocano, infatti, più il gesto segnante che la figura tracciata e mantengono volontariamente una dimensione di non-chiusura, di in-finitezza essenziale di non-totalizzazione della forma.
In un modo o nell’altro, in gran parte delle opere in mostra, il ‘disegno’ mantiene un valore dinamico, energetico e incoativo. Ed è proprio quest’ultima dimensione a costituire sottotraccia il fondamento (fantasma) dell’ esposizione.
La mostra non si propone di perseguire una posizione tesa a ridurre il medium alle sue supposte dimensioni essenziali ma, all’opposto, di ri-pensarlo, in un movimento d’apertura che mira a condurlo oltre i propri limiti. Il termine disegno ricopre, del resto una realtà a tal punto eterogenea che risulta possibile riuscire a definirlo solo circoscrivendone tecniche e tipologie particolari, mentre diviene immediatamente arduo determinarlo secondo declinazioni più interne e generali. E sono proprio queste ultime che Ri-pensare il medium: il fantasma del disegno tenta di far emergere e condurre in primo piano.
Il titolo evidenzia sia la valenza propositiva della mostra sia il rinvio al “disegno” o al suo “fantasma” che funge da rimando comune (diretto o metaforico) a esperienze diverse e, apparentemente, lontane. L’opzione di avvicinare differenti media (video, animazione, fotografia, scultura, ricamo, disegno sonoro, performance, installazione…) sotto un’idea ‘allargata’ di disegno, rimanda all’idea di skiagraphia o photographia (scrittura d’ombra o di luce) che Plinio pone all’origine mitica del disegno, un’origine cui non risulta affatto estranea la stessa scultura.
Il disegno, almeno nella sua origine mitica, nasce da un’immagine sostitutiva e compensatoria. Non ritrae ‘dal vero’ il suo modello, ma fissa appunto i contorni della sua ombra, i contorni cioè di una presenza indebolita e priva di sostanza, fantasmatica: una quasi-assenza… E’ infatti, da qui, da questo mito fondatore che parte anche Derrida quando, in Memoires d’aveugle, nota l’impossibilità per il disegnatore di mantenere contemporaneamente fisso lo sguardo (l’attenzione) sul suo modello e sul tratto che stà tracciando. Già nel suo racconto di fondazione, il disegno dell’ombra circoscritta rimanda infatti ad una presenza mediata, filtrata, indiretta e desostanzializzata, insatura che, proprio perciò entra immediatamente in relazione con il suo stesso supporto. All’origine del disegno, la percezione è già segnata da uno scarto interno, attraversata dalla possibilità dell’oblio. Non la presenza piena del veduto ma il suo fantasma, l’assenza, la sottrazione, la memoria, il ricordo stanno dunque a fondamento del disegno. O meglio -come ha sottolineato Massimo Carboni- “sta a fondamento del disegno la cosa, il reale mentre si sottrae, l’essere mentre dilegua”.
La mostra che pone al centro opere di protagonisti storici della scena italiana e internazionale e delle ultime generazioni, comprese alcune significative opere della Collezione d’arte contemporanea del comune di San Giovanni Valdarno, si articolerà in vari spazi cittadini (Casa Masaccio, Casa Giovanni da San Giovanni, Museo della Basilica di S. Maria delle Grazie, Palazzo Corboli, Palazzo Panciatichi – MKSearch Art) proponendo opere di
Giovanni Anselmo, Massimo Bartolini, Massimo Barzagli, Emanuele Becheri, Luca Bertolo, Chiara Bettazzi, Alighiero Boetti, Chiara Camoni, Francesco Carone, David Casini, Giulia Cenci, Connie Dekker, Daniela De Lorenzo, Rolando Deval, Marius Engh, Emma Grosbois, Carlo Guaita, William Kentridge, Ketty La Rocca, Sol LeWitt, Paolo Meoni, Franco Menicagli, Oscar Muñoz, Jaume Plensa, Davide Rivalta, Robin Rhode, Andrea Santarlasci, Massimiliano Turco, Ignacio Uriarte, Sophie Whettnall.
Il catalogo ospiterà oltre alla riproduzioni delle opere e ai testi dei curatori un contributo inedito in lingua italiana del filosofo francese Jean-luc Nancy estratto da Le Plaisir du dessin di prossima pubblicazione presso l’editore Mimesis, per la cura di Massimo Villani.
Iniziativa realizzata con la collaborazione del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci nell’ambito del progetto regionale: “Cantiere Toscana Contemporanea”.
Ingresso gratuito | Orari: feriali 15- 19, festivi 10-12/15-19
Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea
Corso Italia, 83 – 52027 San Giovanni Valdarno
Tel. 055 91.26.283
casamasaccio@comunesgv.it
www.casamasaccio.it