Giacomo Giossi | UNDERWOOD
«Una cosa è l’equilibrio, altra cosa invece è inseguirlo e indagarlo come fa Daniele Del Giudice nei suoi libri senza mai raggiungere alcuno stato di quiete. Mancare l’equilibrio è infatti al tempo stesso darsi vita e darsi un limite, e quindi anche una possibilità.
L’inciampo di Canetti è forse l’immagine che meglio può rappresentare la scrittura di Del Giudice che non è semplice equilibrio, ma che sta in equilibrio all’interno di un movimento che poi si rivela essere una misurazione continua. Un inciampo voluto e al tempo stesso obbligato da chi si colloca alla fine di un secolo che ha dato materia all’immateriale, ma ha anche esaurito lo spazio delle passioni forti.
L’immateriale ha talmente pervaso il materiale da trasformarlo in un essere volatile fatto di una qualità sottile di assoluta leggerezza che Daniele Del Giudice ha saputo cogliere e fotografare nell’attimo del suo farsi sapere.
L’occhio di Daniele Del Giudice predilige l’avvento del passo: l’attimo prima che il piede batta il suolo e il corpo si sbilanci nuovamente. La conseguenza del suo sguardo è la misura, non esiste frase di Del Giudice che non sia uno strumento di misurazione della distanza. La distanza che passa tra un passo e l’altro tra l’equilibrio e la sua conquista o la sua perdita è il fulcro dell’opera di Del Giudice. In quello spazio stretto in cui il sapere prende forma e coscienza da materiale a immateriale a nuovamente materiale, Del Giudice conduce la sua indagine mostrando al lettore la fine di un mondo e l’inizio del successivo. Un movimento perenne in cui la fine e il compiersi dialogano nel medesimo spazio. Conscio della lezione di Eliot, Del Giudice ha saputo e voluto cercare la luce là dove è sempre caduta l’ombra: Between the idea And the reality / Between the motion And the act.»
(Giacomo Giossi)
Giacomo Giossi, giornalista culturale, collabora con giornali e riviste tra cui Il Foglio e Il Manifesto. Si occupa dei contenuti editoriali di che-fare.com.