EXPANDED REALITY #10 | Abito Ziggurat – Homage to Lévi Strauss | Elena Fava e Marta Franceschini
Cinzia Ruggeri
…per non restare immobili
a cura di Rita Selvaggio
Cosa sono gli ziggurat? Queste strutture, originate in Mesopotamia, richiamano l’idea del santuario, del luogo sacro che conserva una verità che è oltre l’umano, eppure custodita e celebrata dagli uomini. Lo ziggurat è associato a Babele e quindi, come concetto ideale e come riferimento biblico, è in grado di evocare il moltiplicarsi dei linguaggi, delle idee, delle tradizioni: simbolo di una confusione necessaria, base del pensiero postmoderno.
Il vero nome dell’abito ziggurat disegnato da Cinzia Ruggeri negli anni ’80 è Omaggio a Lévi Strauss; questo titolo stabilisce un legame diretto con l’antropologo strutturalista francese Claude Lévi Strauss. L’idea di ‘strutturare’ un abito come esempio di architettura – o, appunto, come rappresentazione materiale del pensiero architettonico della società – riflette sul fatto che ciò che indossiamo non è che il primo modo in cui abitiamo il mondo. Ruggeri è riuscita ad esprimere la propria personalità attraverso la moda, intendendola come mezzo espressivo, ma anche come strumento per l’esplorazione dell’identità nella tensione tra mondo interno ed esterno. La materializzazione di queste posizioni concettuali è un abito in seta doppiata di un brillante verde smeraldo, costruito come la trasposizione in piatto di un’architettura tridimensionale e dalla grande rilevanza storica e simbolica. Pur nella sua bidimensionalità, l’abito nasconde la profonda comprensione della femminilità come attitudine fatta di pieghe e sfumature, che si traduce in tasche nascoste e altri ‘contenitori’ nell’abito stesso, come costruzione vibrante fatta di emozioni tangibili.
Ora l’abito fa parte della collezione del Victoria and Albert Museum di Londra. Entrando nell’archivio, ha cambiato la propria identità: è diventato un oggetto museale, e non ha più il permesso di dialogare con un corpo vivo e che respira – proprio quello che a Cinzia interessava di più. Ora, l’abito aspetta, al sicuro in deposito, fino a quando non si presenterà l’occasione per essere nuovamente esposto. Sarà per una mostra legata a posizioni femministe intriganti e inaspettate? O per una retrospettiva sulla moda e sul suo modo di intendere e interpretare atteggiamenti surrealisti? Nessuno lo sa, ma il fatto che l’abito rimanga in silenzio in attesa di pronunciare ancora la sua nuova e resistente verità è sia rassicurante che in qualche modo sconcertante, o meglio, inquietante. Un manifesto dell’approccio di Cinzia Ruggeri alla moda nel suo insieme.
Elena Fava è assegnista di ricerca (Infrastruttura IR.IDE, laboratorio PRIDE.IT) ed è docente a contratto nel corso di laurea in Design della moda e arti multimediali presso l’Università Iuav di Venezia. Ha conseguito il dottorato in Storia dell’arte e collabora a progetti espositivi con CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma. La sua ricerca si muove tra la riflessione sull’archivio, sul Made in Italy e le relazioni tra moda e culture del progetto.
Marta Franceschini ha conseguito un Master in Storia del Design presso il Royal College of Art e il Victoria and Albert Museum, ed è ora dottoranda in Scienze del design presso l’Università Iuav di Venezia. I suoi interessi di ricerca risiedono nelle relazioni e nei cortocircuiti tra patrimonio, identità nazionali e di genere e moda come sistema di produzione e comunicazione. Attualmente è assistente di ricerca al Victoria and Albert Museum di Londra.
Progetto realizzato nell’ambito di Toscanaincontemporanea2020
What is a ziggurat? These structures, originated in Mesopotamia, recall the idea of the shrine, of the sacred place preserving a truth that is beyond human, and still saved and guarded by human beings. The ziggurat has been associated with Babel and therefore, as ideal concept and biblical reference, evokes the multiplication of languages, of ideas, of traditions: a necessary confusion, the basis of postmodern thought.
The “ziggurat” dress Cinzia Ruggeri designed in the 1980s was officially named Homage to Lévi Strauss, establishing a link with the French structural anthropologist Claude Lévi Strauss. The idea of ‘structuring’ a dress as an example of architecture – or, indeed, as material representation of the architectural thought of society – ties in with the fact that what we wear is but the very first way we inhabit the world. Ruggeri managed to communicate her own personality through fashion, intending it as a mean of expression, and also as tool for the exploration of identity in the tension between inner and outer world. The materialization of these stances is a bright emerald green double silk dress, constructed as the flat transposition of a tridimensional – and historically relevant – architecture; still, Ruggeri hid her understanding of femininity as attitude made of folds and nuances, including pockets and other ‘storages’ into the dress itself, turning it into a vibrant construction made of tangible emotions.
Now the dress belongs to the collection of the Victoria and Albert Museum in London. Entering the archive, it changed its own identity: it became a museum object, and no longer allowed to dialogue with a living and breathing body – something Cinzia Ruggeri really cared about. The dress is now supposed to wait in a storage, till the occasion comes up for it to be displayed again. Will it be for an exhibition related to interesting and unexpected feminist standpoints? Or for a retrospective on fashion and its way to intend and interpret surrealist attitudes? Nobody knows, but the fact that the dress lays safe and silent, waiting to speak its new and resilient truth again is both reassuring and somehow puzzling, or better, haunting. A manifesto of Cinzia Ruggeri’s approach to fashion as a whole.
Elena Fava Research Fellow at IR.IDE (laboratory PRIDE.IT) and is an adjunct professor in the degree course in Fashion Design and Multimedia Arts at Iuav University of Venice. He holds a PhD in Art History and collaborated on exhibitions with CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione of the University of Parma. Her research moves between reflection on the archive, on made in Italy and the relationships between fashion and design cultures.
Marta Franceschini holds an MA in History of Design at Royal College of Art and Victoria and Albert Museum, and is now a PhD candidate in Design Sciences at Iuav University of Venice. Her research interests lay in the liaisons and counter circuits between heritage, national and gender identities, and fashion as a system of production and communication. She is currently exhibition research assistant at the Victoria and Albert Museum in London.
Project carried out as part of the initiative Toscanaincontemporanea2020.
Ringraziamenti / Acknowlegments:
Angus Fiori (Archivio Cinzia Ruggeri, Milano)
Aldo Lanzini
Federico Vavassori e Laura Salvo (Galleria Federico Vavassori, Milano)
Emanuela Campoli (Campoli Presti, Parigi/Londra)
Francesca Pia (Galerie Francesca Pia, Zurigo)
Benedetta Pesci e Michele Stacchini (Poltrona Frau S.p.a.)
Fredi Fischli, Niels Olsen, Valentina Enhimb, gta Exhibitions, ETH Zurigo
Georg Brintrup
Anna Battista
Mariuccia Casadio
Elena Fava
Tiziana Paini
Al fine di poter garantire lo svolgimento etico dell’evento nel rispetto della normativa vigente relativa l’emergenza Covid-19, si richiede la gentile prenotazione per accedere all’opening di sabato 12 settembre e/o per le visite successive.
Fasce orarie:
18.30 – 19.00 | 19.00 – 19.30 | 19.30 – 20.00
I visitatori saranno divisi in gruppi, si prega quindi di indicare l’orario prescelto per la visita attraverso la Vs mail di risposta e prenotazione.
Vi ringraziamo per la Vs collaborazione.
Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea
Corso Italia 83, 52027 – San Giovanni Valdarno
Tel. 055 9126283
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